LA NAVE DI ENEA


0 comment
LA NAVE DI ENEA

ENEA

Fuggito dalla bellissima Troia ormai in fiamme, l’eroe troiano Enea. figlio della Dea Venere e del mortale Anchise, intraprende un lungo viaggio che lo porterà a toccare diverse sponde del Mediterraneo; sbarcherà in Sicilia, poi sarà sbattuto da una tempesta in Africa, e qui intreccerà una storia d’amore con la regina fenicia Didone, anch’essa esule, anch’essa impegnata a costruire nuove mura per i suoi compagni.

Enea, spinto dagli Dei a riprendere il mare, giungerà infine sulle coste del Lazio, dove lo attende una sposa di stirpe regale, la dolcissima Lavinia, ma anche una guerra per ottenere la sua mano; infine, dall’unione dell’eroe troiano e della principessa italica discenderà una stirpe destinata a raggiungere il proprio culmine, di lì a molti anni, nei due gemelli Romolo e Remo, fondatori della città di Roma che il fato chiama a governare su tutto il mondo conosciuto.

E' il grande poeta latino Virgilio, nella sua Eneide, a narrare della guerra di Troia, da cui il Enea doveva salvarsi, mentre altri grandi eroi come Achille o Ettore muoiono sul campo. Lo annuncia Posidone, nell’Iliade: allorché, intervenendo per sottrarre Enea ad uno scontro con Achille dal quale non sarebbe uscito vivo, spiega come Zeus abbia ritirato il suo favore a Priamo e alla sua stirpe, votandoli alla cancellazione, mentre Enea avrebbe avuto sorte migliore.

Enea fugge: dalle coste settentrionali della Grecia alla Sicilia e poi all’Italia, e nei secoli successivi saranno molte le città che si attribuiranno un’origine troiana, o i templi che si pretenderanno fondati dagli esuli frigi, così come si moltiplicheranno le tombe di Anchise e gli stessi sepolcri di Enea. Quel che è certo è che dalla sua progenie nascerà la città a cui tutti i popoli si inchinarono, l'eterna Roma.


PROCOPIO DI CESAREA

NAVALIA DELLA NAVE DI ENEA

Procopio di Cesarea (490 Costantinopoli - 560 circa), fu uno storico e generale bizantino, ma pure
avvocato, retore e sofista. Divenne consigliere del generale Belisario nel 527. Prese parte alla guerra iberica (526-532) contro i Sasanidi e alla guerra vandalica (533-534) contro i Vandali.

Procopio racconta poi di essere stato accompagnato dai pochi Romani del VI secolo residenti a Roma, che a stento vivevano ancora nell’ Urbe, a visitare lungo le rive del Tevere un arsenale navale o Navalia, dove pare essere stata conservata la nave di Enea con la quale l’eroe Troiano arrivò sulle rive del Lazio, circa 15 secoli prima dei fatti narrati, per compiere il suo destino.

Procopio inizia il suo racconto della visita all’ arsenale e alla nave, facendo prima gli elogi ai Romani dell’ epoca, come quelli, tra tutti i popoli, più amanti della propria Città, e così prosegue, Libro IV, Tomo XXII :

“Eppure più di ogni altro popolo, a nostra notizia, i Romani sono affezionati alla loro città e si dan premura di mantenere e di conservare ogni cosa patria, perchè nulla dell’ antica bellezza di Roma vada perduta. Ed invero, per quanto lungamente subissero l’ influsso barbarico, riuscirono a salvare gli edifici pubblici e la maggior parte dei pubblici ornamenti, quanti per si gran tratto di tempo, grazie al genio dei loro autori, poterono resistere, benché trasandati, come pure quanti monumenti o ricordi rimanessero della loro prosapia, fra i quali la nave di Enea, fondatore della città, esiste tuttavia, spettacolo oltre ogni credere interessante. 

ADDIO DI VENERE AD ENEA - TIEPOLO

Per quella fecero nel mezzo della città un cantiere sulla riva del Tevere, ove collocata da quel tempo, la conservano. Come essa sia fatta io, che l’ho vista, vengo a riferire. Ha un solo ordine di remi quella nave ed è assai estesa. Misura in lunghezza 120 piedi e in larghezza 25 ( circa 36 metri per 7,5 metri ), ed è alta tanto è possibile senza impedire la manovra dei remi. I legni che la compongono non sono nè incollati fra loro nè tenuti insieme per mezzo di ferri, ma sono tutti quanti di un solo pezzo, fatti sopra ogni credere ottimamente e quali a nostra notizia, non se ne vider mai se non in quella sola nave. 

Poiché la carena cavata da un sol tronco va da poppa a prua insensibilmente divenendo cava in modo mirabile e quindi nuovamente a poco a poco ridiviene retta e protesa. Tutte le grosse costole poi, che vengono adattate alla carena, si estendono ciascuna dall’ uno all’ altro fianco della nave, ed anche queste partendo da ambedue i bordi, si adagiano formando una curva d’assai bella forma, in conformità della curvatura della nave, sia che la natura stessa secondo i bisogni del loro uso abbia dato a quei legni già da se quel taglio e quella curvatura, sia che, con arte manuale e con altri ordigni, di piani fossero quei regoli fatti curvi. 

Inoltre ognuna delle tavole partendo dalla cima alla poppa giunge all’ altra estremità della nave, tutta di un sol pezzo e fornita di chiodi di ferro unicamente all’uopo d’essere commessa con la travatura in modo da formare la parete. Questa nave così fatta è mirabile a vedere più di quello che possa dirvi in parole; ed invero tutte le opere straordinarie sono sempre per natura difficili a descrivere, e tanto superiori al linguaggio quanto lo sono all’ ordinario pensiero. 

Di questi legni non ve n’è uno che sia imputridito, niuno che si vegga tarlato, ma quella nave sana in tutto ed integra come se uscisse pur ora dalle mani dell’ artefice, quale egli fosse, conservasi mirabilmente fino a questi giorni; e tanto sia detto di questa nave di Enea. "

(Procopio di Cesarea)

L'APPRODO DI ENEA SULLE COSTE LAZIALI

RODOLFO LANCIANI

NAVALIA

Sorgevano in quella parte del Campo Marzio, presso il Tevere, che è di fronte al monte Vaticano (Liv. 3, 26. Plin. nat. hist. 18, 20); specie di banchine della cui esistenza non si ha notizia prima del dittatore Lucius Quinctius Cincinnatus (Liv. 1. c), e in cui più che costruirsi, si conservavano le navi dello Stato (Liv. 8, 14, 12 ;45, 42, 12. Pint. Cato min. 39). 

Alia metà del secolo i a.c. fu amplificata dall'architetto greco Herraodorus (Cic. de or. 1, 14, 62). Procopio narra di avervi veduto ancora la nave con cui Enea venne in Italia (Goth. 4, 22). In relazione coi medesimi era certo la Porta navalis ricordata da Paolo Diacono (p. 179). 

(Rodolfo Lanciani)

I NAVALIA A ROMA

ANDREA CARANDINI

LA NAVE DI ENEA E IL SUO RICOVERO

I Greci per molto tempo hanno ignorato la leggenda di Roma e così si erano figurati che la città fosse stata fondata da Enea. Al contrario, nessuno storico romano ha mai creduto ciò, salvo Sallustio in una sua punta ellenizzante. ­­­­­

Quindi, mentre Enea era venerato a Lavinio, dove in una tomba di un re locale era stata riconosciuta intorno al 575 a.C. la sua tomba, a Roma si venerava Romolo, forse alla sua casa sul Cermalus, nel Volcanal al foro, dove il re era stato ucciso e squartato dai suoi consiglieri, e sul Quirinale, dove era il culto del dio Quirino al quale il fondatore era stato assimilato.

Invece nessun culto di Enea fondatore esiste a Roma. Esisteva tuttavia una sua memoria: la nave con la quale sarebbe approdato nel sito di Roma. Procopio (La guerra Gotica, 4.22.8) racconta di aver visto, lungo il Tevere e in mezzo alla città, un ricovero navale in cui era ospitata la reliquia integra della nave di Enea, nella descrizione della quale (un ordine di remi, lunga 120 e larga 25 piedi, ecc.) è possibile riconoscere una pentecontoros, cioè una nave di tipo arcaico.

Nei prata Flaminia, tra la aedes Castoris e il teatro di Marcello, davanti a magazzini porticati affacciati sul Tevere, era un edificio strano, lungo e stretto. Verso est era un’area di accesso circondato su tre lati da colonne, una scalinata affiancata da muri che culminavano in una esedra semicircolare, che forse conteneva una statua dell’eroe: un heroon di Enea?

Dietro l’esedra era il ricovero in cui era conservata la nave attribuita all’eroe. Abbiamo ricostruito il monumento, integrando la Forma Urbis Severiana, solo in parte conservata, immaginando un edificio sul genere dei navalia, anche perché in questa zona prospicente l’isola Tiberina erano stati un tempo i primi navalia (Livio, 3.26.8, 45.42.12; Valerio Massimo, 1.8.2).

Lì vicino, nel 291 a.c., aveva attraccato anche la trireme che aveva trasportato il serpente sacro da Epidauro, come mostra un medaglione di Antonino Pio.

L’edificio da noi identificato come il ricovero della nave di Enea, disposto in uno spazio non rettilineo, dove il Tevere ­­­­­piegava, fa pensare a un assetto non anteriore alla seconda metà del i secolo a.c., quando i navalia erano stati qui in gran parte smantellati.

Potrebbe trattarsi di una riviviscenza della leggenda di Enea a Roma, che bene si inquadrerebbe al tempo di Augusto, quando Virgilio nel libro viii dell’Eneide (29-19 a.c.) ha descritto Evandro che accoglie Enea approdato a Roma.

(Andrea Carandini)


BIBLIO

- Filippo Coarelli - Navalia, Tarentum e Campo Marzio - Studi di topografia romana - Roma - De Luca 1968 -
- Lucos Cozza - Pier Luigi Tucci - Navalia . Archeologia Classica - Erma di Bretschneider - 2006 -
- Christina Wawrzinek - In portum navigare: Römische Häfen an Flüssen und Seen - De Gruyter Akademie Forschung - 2014 -- Pier Luigi Tucci - Lucos Cozza - Navalia - Archeologia Classica 57 - 2006 -
- David Potter -The Roman Army and Navy - in Harriet I. Flower - The Cambridge Companion to the Roman Republic - Cambridge University Press - 2004 -



 

Copyright 2009 All Rights Reserved RomanoImpero - Info - Privacy e Cookies